Potrebbe essere un addio


Recentemente, non trovo più stimolante scrivere su questo blog. Non so se sia una cosa passeggera, una mancanza di ispirazione momentanea, o se sia invece una fase della mia vita che si è inesorabilmente esaurita. E non so nemmeno se tra le cause ci sia l’avere perso qualche lettore abituale dei mesi passati, o il non potere nemmeno avere quel minimo di riscontro che offrivano le statistiche con il numero di visite quotidiane ricevute. Fatto sta che nelle ultime settimane scrivo poco e male, ogni volta che mi trovo davanti alla pagina vuota faccio fatica, ho poche idee e pochissima voglia di tradurle per iscritto.
Insomma, potrebbe essere anche che questo sia l’ultimo intervento su questo spazio che pure mi ha dato tanto, mi ha aiutato a razionalizzare, esternare e liberarmi di certe sofferenze. Se invece, come in un certo senso spero, si tratta di una crisi passeggera, sarò ben lieto di tornare a condividere qui i miei pensieri, non pongo limiti temporali, magari tra due giorni o magari tra un anno. Tanto è solo cosa mia, senza vincoli, obblighi, necessità. Ne dispongo come meglio credo. Per ora, credo che basti così.

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Ciao Pietro


La prima edizione del grande fratello l’avevo seguita, pure con attenzione. Pietro Taricone era di gran lunga il migliore, per personalità, cultura, intelligenza: era anche uno di quelli che non si sentiva arrivato, che voleva imparare a fare qualcosa: voleva studiare recitazione, fare l’attore, sognava ad occhi aperti di essere a Holliwood e vincere l’oscar. Scrive di lui Aldo Grasso su Il Corriere della sera:

Uno schianto da guerriero,
uno schianto dove fatalmente si
mescolano l’uomo con il personaggio, la realtà con la finzione, il
coraggio con la malasorte. Forse una manovra sbagliata ha provocato la
caduta di Pietro Taricone. Lui che si vantava delle manovre «sbagliate»,
del suo procedere sfrontato e senza paracadute, dopo che la prima
edizione del Grande Fratello gli aveva regalato una notorietà smisurata e
insperata.

Non aveva vinto, ma
era uscito dalla Casa come il vincitore morale. Si era presentato come
«’o guerriero» e fin dalla prima puntata aveva messo in mostra i suoi
muscoli da palestrato, la sua aria sbruffona, ma anche la sua ironia e
intelligenza, proponendo un personaggio insolito, in mezzo a quella
insolita compagnia che erano i ragazzi del GF Uno.

Era solo il 2000 e sembra un altro secolo, con quei personaggi
venuti dal nulla che si chiamavano Ottusangolo, Salvo il pizzaiolo,
Roberta Beta, Marina la gatta morta. Le imprese di Taricone avevano
mobilitato gli spiriti nobili dell’opinionismo, pronti a decretare
l’ennesimo tramonto dell’Occidente, indignati sia per lo spogliarello
metaforico («nel senso che esibiscono senza veli la loro fittizia ma
verosimile quotidianità fatto di tutto e di niente, compresi i ruttini,
le sedute sul water, discussioni politiche, tifo per la squadra del
cuore, liti in famiglia e via dicendo») che per quello reale, davanti
alle telecamere. Ma le imprese di Taricone avevano anche attirato un
giornale come il Foglio che aveva subito dedicato a «o guerriero» una
rubrica quotidiana, «Pietromania », in cui
si mettevamo in luce i lati più simpatici, temerari e intelligenti del
personaggio.


Avvolto dall’aura erotica del collegio, della guarnigione, della
palestra, del penitenziario, il GF Uno metteva in scena alcuni modelli
di comportamento efficaci per capire le trasformazioni in atto nella
società. E Taricone era il protagonista assoluto di quella Casa.

Appena uscito, commise subito due «errori » che la comunità
televisiva, specie quella dei profittatori di reality, non gli ha mai
perdonato. Il primo fu quello di non aver partecipato a una trasmissione
di Canale 5, «Buon compleanno», dove erano invitati tutti i ragazzi del
GF. Maurizio Costanzo considerò il suo diniego come uno sgarbo, ma
anche altri giudicarono quella sua assenza come un atto di arroganza, di
boria: ma chi si crede di essere? Il secondo fu quello di voler
diventare un attore. Era infatti impensabile che un ragazzo baciato da
notorietà, improvvisa e rubata, potesse aspirare a qualcosa di più della
routine che l’organizzazione offriva: serate in discoteca, fiere e
sagre, ospitate nei talk, ex gieffini a vita. E invece, poco alla volta,
Pietro ha dimostrato di saperci fare: con «Distretto di polizia », «Don
Gnocchi», «Codice rosso», «La nuova squadra», «Tutti pazzi per amore». E
poi il cinema, la pubblicità, il teatro.

Forza Pietro: Se quel guerriero tu fossi! Se il mio sogno si
avverasse!

Mi dispiace davvero tanto, era un ragazzo come me. Senza retorica, anche se in questi casi è veramente difficile: ciao Pietro.

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Avatar e qualcos’altro


Nelle ultime settimane mi è capitato di avere dei tempi praticamente morti al lavoro, in cui non potevo muovermi ma non avevo nulla da fare. Ne ho approfittato per guardare qualche film, attività che negli ultimi anni avevo parecchio trascurato rimanendo così indietro nella conoscenza cinematografica. Ovviamente film scaricati tramite il file sharing da Emule, che serve principalmente ma non esclusivamente per i porno.
Ho visto due film che ritenevo due usati sicuri, ossia, ero praticamente certo che mi sarebbero piaciuti, visti i precedenti: trattavasi di Indiana Jones e il teschio di cristallo e Il cosmo sul comò. Il primo pensavo che mi sarebbe piaciuto in quanto i tre precedenti capitoli della saga in gioventù mi avevano entusiasmato, specie l’ultimo, quello dell’ultima crociata con Sean Connery nel ruolo del padre di Harrison Ford, e poi il fatto che avessero aspettato tanto tempo per realizzare un ulteriore sequel mi faceva pensare che fosse stato realizzato non per esigenze commerciali ma perchè ne valesse davvero la pena. Risultato: delusissimo, un film quasi farsesco per la poca credibilità delle vicende e nemmeno divertente, senza quel filo di ironia che caratterizzava gli episodi precedenti. Un polpettone che mischia credenze popolari maya, extraterrestri, superstizioni pseudo-religiose, ma senza approfondire nè spiegare nulla, ma mantenendo pure un poco di pretenziosità. Insomma, come se non pretendesse di essere solo un film avventuroso di intrattenimento. Giudizio critico spassionato, senza girarci troppo attorno: una schifezza.
Quanto a Il cosmo sul comò, i film precedenti di Aldo, Giovanni e Giacomo mi erano spesso piaciuti, qualcuno più (il primo, Tre uomini e una gamba, inarrivabile a mio giudizio), qualcuno meno, comunque delle sane risate me le avevano strappate sempre. Per cui, anche in questo caso avevo delle aspettative, non certo di assistere ad un capolavoro ma quantomeno di passare un paio d’ore piacevoli. Invece, anche in questo caso, ho dovuto affrontare una delusione: la struttura dei film ad episodi senza alcun collegamento tra di loro già non mi piace, qui poi c’era un alone di già visto e rivisto su ogni sketch, su ogni personaggio, su ogni situazione. Insomma, risate vere nessuna, sorrisi pochi e noia tanta. Di gran lunga il peggiore lavoro del trio comico, a mio parere.
Delusissimo, la sera successiva ho guardato il celeberrimo e pluri-decorato Avatar, anche se in questo caso non sapevo che reazione avrei potuto avere: in genere questi kolossal stracarichi di effetti speciali non mi piacciono, ma in questo caso avevo ricevuto segnalazioni positive anche da persone del cui giudizio mi fido ciecamente. A proiezione conclusa, tra gli aspetti negativi annovero che dopo un quarto d’ora già potevo scrivere l’intero svolgimento del film, assolutalente prevedibilissimo, ossia: si capisce da subito che qui si ribalta il luogo comune (cinematografico, of course), degli alieni cattivi che invadono la terra, mentre qui sono i terrestri i cattivi che vogliono sterminare il pacifico popolo di Pandora. E si capisce facilmente anche che la ricercatrice Sigourney Weaver sarà tra i buoni insieme al protagonista, mentre il marine sfregiato con taglio di capelli nazistoide sarà il cattivo più duro da sconfiggere; non meno prevedibile è la love story del protagonista e perfino l’happy-end è ampiamente annunciato. E’ un film decisamente buonista, in cui gli aspetti allegorici che si possono cogliere sono molteplici: evidente quello pacifista contro la politica di esportazione della democrazia del precedente governo statunitense (ma anche il premio Nobel per la pace Obama, per ora, in politica estera non si è discostato di molto da Bush, almeno nei fatti), c’è anche un messaggio chiaramente ecologista, di invito al rispetto della natura, definita madre, nonchè una critica al relativismo, alla mancanza di valori spirituali della nostra società. Volendo, si potrebbe interpretare l’attacco dei terrestri anche come un tentativo di distruggere la libertà del mondo di internet, della rete. Insomma, tutti valori buoni, giustamente propagandabili e propagandati, anche se schiacciandoli e comprimendoli tutti insieme si rischia un poco di banalizzarli, di svilirli. Insomma, l’impressione schiettamente è che fossero funzionali allo scopo commerciale. Comunque, il film è decisamente spettacolare, la flora e la fauna di Pandora sono la parte migliore del film, che ha anche il pregio di non dilungarsi troppo sulle scene di combattimento, mantenendo sempre un buon ritmo.
Insomma, su tre film visti due bocciature totali e una parziale: in rapporto alle aspettative, direi che questa tornata di cineforum di inizio estate è andata decisamente male. Poco male, almeno ho potuto esercitare la mia vena di critico cinematografico.

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La soddisfazione di un bagno pulito


Essendo la prima volta che ho una casa di proprietà, mia e solo mia, in questo periodo scopro un sacco di cose nuove. Ho già ampiamente disquisito riguardo agli obblighi derivanti da questa situazione, le incombenze pratiche e burocratiche che devo espletare e che mi occupano un sacco di tempo ed energie. Ho però scoperto anche insospettabili piaceri, emozioni che mai avrei sospettato nel vedere un bagno pulito, una cucina ordinata, un pavimento brillante. Sono un novello Cenerentolo, passo del gran tempo tra anticalcare, sgrassatori e lucidatori per pavimenti, tutte cose con le quali fino ad un mese fa non avevo alcuna dimestichezza. Certo credo che l’entusiasmo per la novità giochi un ruolo fondamentale, non penso proprio che da qui in avanti la mia vita sarà sempre così, ma insomma per ora non mi dispiace prendermi cura delle mie cose, come detto mi da anzi una certa soddisfazione vedere i risultati. Sono in evoluzione insomma, fino a poco tempo fa non avrei minimamente sospettato tutto ciò, eppure evidentemente nelle diverse situazioni si scoprono sempre nuovi aspetti di se stessi e risorse inaspettate.

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Una critica


A proposito delle recenti novità che questa piattaforma ha adottato: le innovazioni grafiche sinceramente non mi hanno sconvolto la vita, poco cambia, forse ora esteticamente i commenti appaiono più carini, mentre invece il fatto che sia stata tolta la pagina con le statistiche lo trovo davvero un peccato; non che fosse fondamentale sapere quanta gente ti leggesse, ti visitasse, ma almeno costituiva un minimo riscontro, un piccolo divertimento e se vogliamo, a volte anche una piccola soddisfazione.
Per cui, per quanto possa contare la mia opinione, rivolgo questo appello al responsabile di queste cose: rimettete la pagina statistiche, per favore.

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Tempi e tempo


Sono alle prese, nel periodo, con una serie di faccende pratiche, per me piuttosto complesse, tipo pulire i pavimenti o montare la scarpiera. Sono le incombenze di un uomo single del resto, non posso lamentarmi, anzi potrei citare il celebre proverbio che recita che ho voluto la bicicletta, e per cui ora mi tocca pedalare. Infatti non mi lamento, però mi giustifico per il poco tempo che sto dedicando al blog in questo periodo, perchè oltre alle energie, questi lavori mi impegnano anche del gran tempo. Se poi si tiene conto che ci sono tre partite dei mondiali di calcio al giorno (anche se per ovvi motivi di lavoro non riesco a vederle tutte, purtroppo), si capisce come i miei tempi morti si restringano drasticamente.
Insomma, si sarà capito che per ora in questa estate di vita all’aria aperta ne ho fatta veramente poca, quasi niente, ma del resto il clima non è che invogli particolarmente. Da questo punto di vista, e di conseguenza spero anche dal punto di vista relazionale, non si può che migliorare. Chi vivrà…

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Auguri maestro


Oggi Francesco Guccini, uno dei migliori cantautori italiani (è il mio parere, ma sfido a sostenere il contrario) compie 70 anni. Onoro il maestro con il video di uno dei suoi pezzi migliori, quantomeno nella produzione recente, una vera e propria poesia.

Citazione

YouTube – Francesco Guccini – Lettera

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Grazie Recoba!


Lo so, sto andando fuori tema, perchè in questi giorni, dovendo parlare di calcio, bisognerebbe parlare dei campionati del mondo, i primi della storia nel continente africano, ormai in pieno svolgimento. Oppure, al limite, dando una connotazione locale al tutto, potrei scrivere del Varese che oggi si gioca nella finale dei playoff la possibilità di tornare in serie B dopo oltre venti anni.

Invece, niente di tutto ciò, perchè a spingermi a parlare di calcio è una tremenda nostalgia di un calciatore che mi è presa in questi giorni, girovagando a guardare dei filmati su Youtube, uno dei quali propongo qui sotto. Nell’ultimo anno l’Inter ha vinto tutto quello che c’era da vincere, e gli ultimi anni in generale sono stati segnati da vittorie a ripetizione, mentre Alvaro Recoba è stato uno dei protagonisti, per qualcuno anche una delle cause, del decennio in cui si vinceva poco o nulla. Era un  urugayano, un sudamericano dalla faccia triste (anche se Jannacci sosteneva che fosse il Messico con le sue nuvole ad avere il copyright della faccia triste dell’America) capace di giocate mirabolanti, di tocchi entusiasmanti, ma è stato anche il classico giocatore che non piaceva agli allenatori, perchè poco adatto al calcio moderno, troppo poco atleta, poco o niente incline al sacrificio, ai ripiegamenti difensivi, alle rincorse agli avversari. Recoba è stato l’esatto contrario della tendenza della società moderna in cui tutti, non solo nello sport ma anche nello spettacolo, vogliono emergere, apparire a tutti i costi, pur non possedendo alcuna capacità, nessun talento. Lui era dotato di talento sopraffino, come forse pochissimi altri al mondo, ma se ne fregava, faceva di tutto per buttarlo via, con quella tendenza ad ingrassare, quella perenne indolenza, quella pochissima voglia di allenarsi.

I tifosi delle altre squadre faticano a capire perchè una parte della tifoseria interista abbia adorato Recoba nonostante tutto, nonostante abbia vinto poco, nonostante gli allenatori gli abbiano fatto fare tantissima panchina. Amare Recoba voleva dire recuperare una dimensione del calcio fanciullesca, in cui lo scopo principale è divertirsi, non vincere; Recoba aveva il gusto della giocata divertente, sorprendente, il colpo di tacco, il tiro da centrocampo, il tiro in porta direttamente da calcio d’angolo, quelle giocate che quando riescono viene giù lo stadio. E a lui ogni tanto riuscivano. Come dice lo slogan alla fine di questo filmato, niente è impossibile, quando giocava Recoba si aveva questa sensazione, che qualsiasi cosa lui se la potesse inventare da un momento all’altro.

Per questo, anche se ora l’Inter vince decisamente molto di più di quanto facesse ai tempi di Recoba (ma certo non solo per colpa sua), sono stato assalito da questa grande nostalgia per quell’uruguayano grassottello con gli occhi a mandorla (Il Chino, appunto, il suo soprannome) che per gran parte del tempo trotterellava per il campo a ritmi modesti, ma che sapeva regalare emozioni con un colpo, un lampo, un guizzo. Non tutto, anche nello sport iperprofessionistico, è quantificabile, rappresentabile con numeri, tabelle, trofei conquistati. E così, io come tanti altri tifosi interisti, abbiamo amato Recoba più di quanto fosse razionalmente comprensibile.

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Le mie paure


In passato mi è stato spiegato un meccanismo psicologico non semplicissimo, non molto immediato da capire, secondo il quale, in sostanza, scrivendo qualcosa, mettendolo per iscritto e rendendolo pubblico, parzialmente me ne libero, lo sento meno mio e un pò più di tutti. Spersonalizzo in pratica. Siccome la mia vita in questi anni è stata spesso condizionata dalle mie paure, spesso razionalmente incomprensibili ma che comunque sono riuscito abbastanza chiaramente ad individuare e ad inquadrare, proverò a scriverle, sperando che questo mi aiuti a liberarmene.
Molte delle mie paure sono in realtà riconducibili alla stessa, legata alla salute, ossia, ho paura di fare determinate cose perchè ho paura di stare male, per cui ad esempio mi mette molto in apprensione dovere intraprendere un viaggio da solo. Le mie fantasie in questo caso sono legate non a gravi malattie, ma a piccoli malesseri tipo svenimenti, annebbiamenti della vista, congestioni, attacchi di dissenteria o nausea. Insomma, la casistica è vasta, e il fatto che questi siano contrattempi che possono capitare in qualunque momento senza poter essere preventivati, anche ad un individuo sostanzialmente sano quale io sono, è un aggravante, perchè se mi capitano quando sono a casa o comunque dove posso raggiungere facilmente casa, non mi allarmano particolarmente, ma l’idea che possano capitarmi mentre sono lontano mi mette grande agitazione. Perchè comunque oltre a viaggiare da solo, anche l’allontanarmi da casa in compagnia di qualcuno mi trasmette comunque una certa dose di apprensione, quando parto per le vacanze una parte di me non è mai completamente rilassata. Come se la casa fosse un nido, un rifugio sicuro in cui in fondo non può mai capitarmi niente di particolarmente grave, mentre al suo esterno i pericoli e le insidie si moltiplicano a dismisura. Per questo quando viaggio preferisco sempre avere il controllo del mezzo su cui viaggio, quindi mi sposto rigorosamente in macchina e preferibilmente guidando io, in modo da poter in qualunque momento tornare verso casa senza dovere dipendere da altri. Preciso che tutte queste precauzioni sono puramente teoriche, in quanto poi in realtà quando vado in vacanza sto sempre un gran bene e non mi è mai capitato di dovere o volere rientrare a casa prima dei tempi prestabiliti; anzi, spesso capita il contrario, che mi metta molta malinconia tornare. Ma insomma, amo avere il totale controllo delle situazioni, mi rassicura il tenermi aperta anche la possibilità del rientro anticipato in qualunque momento, qualsiasi cosa succeda. Un pò come faccio con le medicine, che compro e mi porto dietro perennemente, in un sacchettino, ma che poi non uso mai, le faccio scadere ancora sigillate. Ma mi servono anche così, il fatto che ci siano fa da effetto placebo, se mi dovessero mancare sono sicuro che avrei la terribile sensazione che mi servirebbero disperatamente. E’ sicuramente una forma di ipocondria, un pò come quella che di tanto in tanto mi fa autodiagnosticare qualche male incurabile per qualche piccolo sintomo vagamente riconducibile ad esso. Nel corso degli ultimi anni, ho avuto il tremendo sospetto di avere: un tumore allo stomaco, all’intestino, alla prostata, ai testicoli, la leucemia, l’Hiv e il diabete. Ovviamente non ho nulla di tutto ciò, ma ricordo delle notti agitatissime a causa di questi timori, delle ansie indescrivibili nell’attesa dei risultati dei vari accertamenti fatti (ma spesso i sintomi sono spariti da soli nel giro di poco tempo, per cui non sono stati nemmeno necessari approfondimenti clinici). Non so se sia realmente paura di morire, perchè in realtà il pensiero della morte in sè non mi angoscia, è il fatto di sapere prima quanto mi manca da vivere che mi mette agitazione. E’ il prendere coscienza in modo brutale di essere finito (nel senso di non essere infinito, eterno), di avere il tempo restante misurato, definito, anche se mi dicessero che mi restano da vivere venti anni. Sono i limiti a spaventarmi, so benissimo che potrei morire anche tra mezz’ora, ma non lo voglio sapere prima. Una volta che capita è una cosa che non è ne bella nè brutta, è neutra, perchè non so cosa mi sarebbe successo dopo, se sarebbe valsa la pena vivere, una volta che muoio cesso di esistere, non provo più nulla, per cui non sono più ne felice, nè triste, nè sereno, nè angosciato. Non sono niente. Per cui ribadisco, il problema non è morire, è il sapere prima quando succederà.
Ho messo a nudo un pò di me, delle mie debolezze, ho smascherato i miei freni, sperando che così si allentino, mi lascino un poco più libero. Nel corso degli anni mi sono liberato di quelle che sono considerate le maggiori schiavitù e dipendenze senza poi grandi difficoltà, ho smesso di bere, di fumare e di giocare d’azzardo, per cui sono fiducioso, credo che sia possibile. Yes, we can era lo slogan di Obama molto in voga nell’anno passato. Si, anche io posso.

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Destra o sinistra?


Lavorare in una grande azienda consente di entrare in contatto con persone di svariato genere, e io lo ritengo una fortuna, un arricchimento. Così recentemente mi è capitato di lavorare con un mio collega comunista, ma non nella balzana accezione del termine che ne da Berlusconi, un pò a mò di insulto insomma, ma un comunista di quelli come io pensavo non ce ne fossero più, che non compra le cose a rate per non dare i soldi alle banche e che vorrebbe statalizzare ogni azienda.
Grazie a questo dialogo mi sono reso conto di quanto io sia distante dall’ideologia comunista, e di come in Italia il dibattito politico sia sterile e personalizzato, principalmente ma non solo sulla figura di Berlusconi: non a caso ogni leader inserisce il proprio nome nel simbolo del suo partito. In Italia capita di essere considerato comunista anche se si sostiene una tesi che non dovrebbe essere nè di destra nè di sinistra, ma semplicemente di civiltà, tipo che un individuo che controlla tre televisioni e parte dell’editoria non potrebbe diventare presidente del consiglio. Per cui, pur convenendo che le vecchie distinzioni sono un pò stantie e persino inutili, mi sono chiesto se io, uscendo da questi paradossi italici, sia ideologicamente più vicino alla destra o alla sinistra.
Partendo dalle tesi economiche, il comunismo o comunque le teorie di sinistra vorrebbero una sostanziale equità, una distribuzione del reddito uguale o comunque molto simile per qualunque professione, con un controllo molto elevato o totale dello Stato sull’economia, mentre invece storicamente il libero mercato è una teoria di destra, in cui chi più merita più guadagna. In realtà il concetto di merito è davvero soggettivo, in quanto in un libero mercato privo di regole funziona che chi ha più capitale guadagna sempre di più, mentre chi è povero diventa sempre più povero e non potrà mai competere con chi è più ricco.
E’ un pò il meccanismo con il quale la grande distribuzione (grandi magazzini, centri commerciali, supermercati) ha strangolato il commercio al dettaglio, i piccoli negozi di alimentari o i fruttivendoli, che non sono riusciti reggere la concorrenza. Ebbene, le mie considerazioni in proposito sono che il meccanismo dell’uguaglianza può essere astrattamente molto bello e anche eticamente corretto, in quanto ogni lavoro ha una sua dignità, per cui chi stabilisce ad esempio che un ingegnere debba guadagnare pià di un muratore (uno ha studiato di più, ma l’altro fa molta più fatica), ma applicato al pratico non funziona, toglie ogni stimolo, ogni motivazione. Viene a mancare il motore per andare avanti, per migliorare nel tempo le condizioni di vita collettive. Il meccanismo, umanamente comprensibile, che scatta, è il seguente: perchè devo fare fatica o comunque impegnarmi a fare un lavoro, qualunque esso sia, a regola d’arte, quando non mi cambia niente se lo faccio male? Venendo a mancare la meritocrazia si tende a livellarsi verso il basso piuttosto che verso l’alto, per cui il capitalismo, seppur per certi versi distorto se non addirittura eticamente disgustoso, dal mio punto di vista resta il sistema economico migliore. Sebbene occorrano delle regole, un sistema di welfare che consenta ai più deboli (inabili al lavoro, indigenti o persone troppo anziane per lavorare) di avere comunque di che sopravvivere. E naturalmente, dei diritti quali sanità, sicurezza ed istruzione garantiti per tutti. Insomma, per me va bene il sistema economico ormai universalmente accettato in tutto il mondo occidentale, con sfumature più o meno liberiste a seconda dei governi e della tradizione di ogni paese. Certo, bisogna fare molta attenzione a non fare passare il concetto che il denaro, l’arricchimento, sia lo scopo principale se non unico dell’esistenza, perchè altrimenti si arriva alla rovina, a una società invivibile, una giungla in cui vince il più forte. Ma la formazione culturale di una popolazione è argomento veramente sottile, delicato, i fattori che intervengono non sono facilmente controllabili e sono globalizzati, non riconducibili alle leggi di un singolo stato.
Però, appunto, rimanendo a trattare di valori e tornando alle differenze tra destra e sinistra, storicamente i valori cari alla destra sono: Dio, patria e famiglia, quindi da un lato il concetto di un potere imposto dall’alto piuttosto che derivante dal basso, dal popolo, e dall’altro una visione della società piuttosto tradizionalsta, conservatrice. Ecco, da questo punto di vista, chiamiamolo etico, mi sento profondamente di sinistra, in quanto ritengo che la fede debba essere un fattore puramente spirituale, che non influisce sulle vicende pratiche. Io ho una visione estremamente laica della società, penso che ognuno dovrebbe essere libero di pregare chi gli pare ma sempre in modo personale, intimo. Scendendo nel pratico, ai giorni nostri direi, sono contrario al burqua (per il semplice fatto della riconoscibilità, per il resto un adulto con la facoltà di intendere e di volere può vestirsi come gli pare) così come sono contrario all’esposizione del crocefisso negli edifici pubblici. Della patria onestamente non ho una così elevata concezione, fondamentalmente alla difesa delle nostre radici e tradizioni non do una grande importanza; anche perchè ho un approccio molto pratico alla questione, su cui eppure le destre in occidente hanno costruito molte delle recenti vittorie elettorali: partendo dal presupposto che grazie all’Unione Europea all’interno degli stati facenti parte dell’unione c’è l’assoluta libertà di circolazione degli individui e delle merci, per cui un olandese ha il mio stesso diritto di risiedere a Varese, a Roma o a Palermo. Ma non è questo ad agitare i vari xenofobi e neo ducetti, quanto il presunto scontro di civiltà, la paura per coloro che arrivano da culture profondamente diverse per usi, costumi e religione. Il fatto è che storicamente si fugge dalla fame, dalla miseria, anche noi italiani lo abbiamo fatto in altre epoche. Non si può pretendere di vivere nel lusso e di stare nello stesso mondo di chi muore di fame, perchè è inevitabile che chi sta peggio cerchi di raggiungere chi sta meglio, di emularlo. E se per farlo deve emigrare, la storia lo insegna, lo fa. Va a cercare fortuna, come dire che non è che gli emigranti vengono qui per un loro capriccio o per fare un dispetto a noi, o come vaneggia qualcuno per colonizzare l’Europa cristiana con la cultura mussulmana. E’ una questione di sopravvivenza, si può cercare di regolamentare più o meno rigidamente l’immigrazione ma il futuro è comunque nella società multietnica, se si guardano le grandi metropoli europee, Londra o Parigi, si scopre che già da anni convivono razze, culture e religioni di ogni tipo. Si fa fatica, ma ci si integra, battersi per la conservazione delle proprie radici e tradizioni può essere politicamente una boutade di buon effetto popolare ma a lungo termine è una battaglia persa in partenza. Infine, arrivando ad occuparmi della famiglia, non sono così sicuro che sia il fondamento su cui debba basarsi la società, ormai le coppie scoppiano con una tale frequenza che la famiglia tradizionale risulta un modello un pò sorpassato. E tendenzialmente non ci vedo niente di male, sono convinto che gli amori nascano e finiscano, è nelle umane vicende, e penso anche che sia inutile restare insieme quando non si è più innamorati. E credo sia anche normale trovarsi un nuovo compagno, che magari dovrà crescere i figli di un altro, creando una sorta di famiglia allargata, lontana dal modello tradizionale. Sono anche favorevole alla parità dei diritti tra coppie eterosessuali ed omosessuali, se poi si volesse differenziare queste ultime non chiamando le loro unioni matrimonio poco cambierebbe, non ne farei una questione di semantica.
Un’altra questione cara alla destra riguarda l’ordine, la disciplina, che se vogliamo è un valore direttamente collegato a quelli precedenti, in quanto se una regola è imposta dall’alto non è discutibile, ma semplicemente eseguibile, mentre la sinistra storicamente è più lassista, tollerante, tant’è che il movimento anarchico è stato spesso contiguo alle frange di estrema sinistra. Anche se in Italia in questa fase storica succede il contrario, con la corrente giustizialista riconducibile a Di Pietro schierata col centrosinistra. Qui il mio parere è abbstanza contrastante, direi equidistante, nel senso che sono un fautore della giusta pena, commisurata al reato commesso ma soprattutto certa, con il minimo spazio per le interpretazioni, ma sono al contempo un fermo sostenitore della funzione rieducativa e non punitiva del carcere. Funzione che poi in realtà in questo momento in Italia è puramente teorico, perchè la condizione degli istituti detentivi sovraffollati rende il soggiorno tutt’altro che rieducativo, quanto piuttosto una penitenza. C’è da dire che non ho particolare simpatia per le forze dell’ordine, ma non per una questione ideologica o pregiudiziale, è puramente perchè secondo me in Italia la maggior parte delle persone che entrano nelle forze dell’ordine sono degli esaltati megalomani e pure un pò nazisti, un pò degli aspiranti Rambo insomma, e certi episodi tipo quello della scuola Diaz durante il G8 o i vari cowboy che ogni tanto sparano colpi un pò a vanvera (Spaccarotella, uno su tutti) non succedono per caso.
Insomma, al termine di queste lunghe dissertazioni non so ancora se sono di destra o di sinistra, sicuramente non sono un estremista nè in un senso nè nell’altro, senza contare che fluttuo, cambio opinione nel corso del tempo. Direi che rispetto a dieci anni fa sto progressivamente spostandomi verso sinistra, ma magari il trend si invertirà nei prossimi dieci anni. Ma sicuramente finchè sulla scena politica italiana imperversa Berlusconi il problema non si pone, da qualunque parte stia lui io gli sto il più lontano possibile.

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